Nemo d’acqua dolce

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Fisheye - Elaborazione grafica: Francesco Giannotti
Fisheye - Elaborazione grafica: Francesco Giannotti

Dedicato al pesce rosso di yuppiett

«Vorrei diventare come te e nuotare in acqua, senza che nessuno possa vedermi», Nemo parla con il pesce rosso che ha pescato nello stagno di fronte a casa sua. Il pesce non risponde. È immobile di fronte a Nemo e lo fissa attraverso il vetro della vaschetta.
Come ogni pomeriggio, tornato da scuola, è solo in casa. Ha dodici anni, ma è abbastanza autonomo. Si prepara da mangiare, riscalda la pasta che le ha preparato sua madre la sera prima o frigge due uova o un hamburger o una fettina di carne, le uniche cose che sa preparare. Dopo dovrebbe studiare, ma la solitudine e la malinconia spesso prendono il sopravvento. I suoi genitori sono al lavoro tutto il giorno e, anche quando sono a casa, lui continua a sentirne la mancanza.
Sua madre è costantemente depressa, si lamenta per la vita che avrebbe desiderato, ma che non è mai riuscita a realizzare. Si perde in lunghissimi sproloqui che spesso terminano in un litigio o in una sfuriata con Nemo o con suo padre.
Suo padre è il direttore dell’acquario di una città vicina. È preso solo dal suo lavoro, vede solo pesci, parla di pesci e quando Nemo cerca di richiamare la sua attenzione, dopo un’iniziale ascolto, torna ai suoi pensieri e resta muto come un pesce.
É stato lui a regalargli il primo acquario di pesci tropicali, cercando di trasmettergli la passione per i pesci in cattività. In seguito gli acquari sono diventati tre. La verità è che si occupa lui della cura, dell’allestimento e della scelta delle specie. Nemo è quasi indifferente a tutto questo. Il nome di suo figlio lo aveva scelto lui. Non era ispirato al capitano del Nautilus, ma al protagonista del film d’animazione. Da quando Nemo aveva scoperto che il suo nome in latino significa “nessuno”, si convinceva sempre di più che quello fosse il suo destino: essere nessuno.
Nemo ha una passione solo per un tipo di pesce: i pesci rossi che si trovavano anche nello stagno di fronte a casa sua. É molto preso da quello che aveva pescato qualche giorno fa. Lo tiene in una vasca a parte. Gli ha costruito i suoi rifugi. Lo osserva tutti i giorni. Immagina sempre di nuotare insieme a lui.
Un giorno durante il solito monologo, sul suo desiderio di trasformarsi in pesce, fatto davanti alla vaschetta, il pesce rosso salta dall’acquario. Nemo lo vede a terra che si rivolta su entrambi i lati. Lo prende e lo rimette in acqua, dopo pochi minuti il pesce risalta. Il ragazzo lo rimette di nuovo in acqua. Il pesciolino dopo esser rimasto immobile per alcuni secondi, inizia una sorta di una danza circolare. Nemo lo osserva meravigliato. Dopo una ventina di giri, sale fino al pelo dell’acqua e galleggia immobile adagiato su un fianco. Nemo credendo che sia morto, a bocca aperta si avvicina al bordo dell’acquario. In quel momento il pesce, con un guizzo, salta nella sua bocca.
Nemo si sente mancare l’aria, non riesce a sputare quel pesce, è finito diretto in gola. Apre la porta e corre fuori, nella speranza di incontrare qualcuno che lo aiuti. Non c’è nessuno. Fa di corsa i cinquanta metri che lo separano dallo stagno e si tuffa dentro. Ancora non riesce a respirare. È passato abbastanza tempo, ma nonostante non riesca a respirare non perde conoscenza. Immerso nell’acqua torbida anche con la testa, sente che qualcosa sta cambiando. La sua pelle comincia a diventare rossa e squamosa. Ha la sensazione di avere le gambe fasciate assieme. Non riesce più a muovere i piedi e non sente più le dita. La stessa cosa avviene per le dita delle mani e le braccia si assottigliano a vista d’occhio. Ha l’impressione che sul corpo si stiano formando nuove escrescenze. Intento a cercare di capire, a un tratto si accorge che non sente più l’asfissia. Sta respirando, ma è ancora sott’acqua. Vorrebbe uscire per tornare a casa e guardarsi allo specchio, ma non riesce ad alzarsi in piedi per uscire dallo stagno. Adesso, però, Nemo nuota benissimo. È diventato un bellissimo esemplare di pesce rosso, molto più grande degli altri esemplari della sua specie. Si inoltra nello stagno e inizia a esplorarlo. È un mondo sconosciuto. Nuota da circa mezz’ora senza sapere cosa fare, la luce comincia ad affievolirsi. Nemo scorge un grosso tronco di un albero, quasi del tutto cavo, adagiato sul fondo dello stagno. È aperto sui due lati. Può entrare e uscire comodamente, lo sceglie come rifugio. Vi entra per passare la notte. È quasi buio, ha paura in quel nuovo ambiente. Pensa, perché sono qua? Voglio i miei genitori, chissà cosa fanno?
I genitori sono già tornati a casa. Hanno trovato la porta aperta. La madre chiama Nemo. Non riceve risposta, va a cercarlo nella sua stanza, non c’è, anche il bagno è vuoto. Il padre nota subito che il pesce rosso non è più nella vaschetta. La madre continua a chiamare e a cercare, poi presa dal panico dice al marito: «Nemo non c’è, dove sarà andato?»
«Non lo so, ma il suo pesce rosso non c’è più. Potrebbe essere andato a riportarlo nello stagno.»
Escono entrambi e vanno sulla riva dello stagno e cominciano a chiamarlo, ma niente. Si dividono, uno va in una direzione e l’altro in quella opposta, continuano a chiamarlo, ma di Nemo nessuna traccia. Si rivolgono alla polizia. Gli agenti cercano di tranquillizzare soprattutto la madre. Dicono di aspettare, potrebbe essere solo una bravata e che l’indomani con la luce del sole avrebbero fatto ricerche più approfondite.

§§§

Sono ormai trascorsi cinque giorni nella nuova vita da pesce rosso. Nemo ha preso un po’ di confidenza con l’ambiente, anche se la maggior parte del tempo lo passa nel suo nascondiglio. Esce solo perché spinto dalla fame. Istintivamente cerca il cibo drenando la melma nel fondo dello stagno o scandagliando le alghe, alla ricerca di gamberetti, insetti e larve, ma la paura è molto forte e passa poco tempo a cercare il cibo. La sua fame aumenta di giorno in giorno.
Questa mattina, mentre cerca del cibo appena fuori dal suo tronco rifugio, vede un grosso verme luccicante fermo sul fondo. In un attimo lo risucchia. Gli torna in mente il giorno in cui il pesce rosso gli è saltato in bocca, ma adesso è lui a decidere cosa fare. Non ha neanche ingurgitato l’insetto che sente una fitta alla bocca, un dolore sempre più forte e sente tirare. C’è qualcosa che lo tira, ma molto forte. Lui dapprima fa resistenza poi il dolore è così atroce che cede. Viene tirato verso l’alto, nel tragitto si rende conto che ha un grosso amo conficcato in bocca e che è stato pescato da qualcuno. Ha pescato tante volte anche lui, si rende conto solo ora del male che procurava ai pesciolini. Ormai e quasi in superficie. Vede la sagoma di una barca.
«Ehi! Questo non è un pesce siluro», dice uno dei due pescatori.
«Sembra un pesce rosso, ma è gigante, non sapevo che ne esistessero così grandi.»
«Cosa ce ne facciamo? Lo liberiamo?»
«No, sei scemo? Vediamo se esiste o è una specie nuova. Potremmo farci un po’ di soldi.»
«Come facciamo a saperlo?»
«Non conosci il Dott. Dell’Acqua, il direttore dell’acquario?»
«No.»
«Abita vicino allo stagno. Stasera vado da lui. Mettiamo il pesce nel bidone e torniamo subito a casa.»
I due a casa provvedono a trasferire Nemo in una vasca da bagno colma d’acqua, in attesa della sera.
Il padre di Nemo è appena tornato dal lavoro. Vede l’uomo che lo attende davanti alla porta.
«Buonasera dott. Dell’Acqua, come va?»
«Salve, come vuole che vada, la mia vita è diventata un inferno.»
«Ho saputo di suo figlio…»
«Ha qualche notizia sulla scomparsa?», lo interrompe subito.
«No, però ho una cosa da farle vedere, se posso rubarle dieci minuti e viene a casa mia.»
«Non ho tempo, sono stanchissimo e devo vedere con mia moglie se ci sono risposte agli appelli fatti in televisione e sui giornali.»
«Facciamo in fretta. Oggi, nello stagno, abbiamo pescato un pesce rosso lungo un metro e sessanta e volevo farglielo vedere.»
«Non è possibile, i pesci rossi arrivano massimo a trenta centimetri e non ci sono delle specie di pesci rossi così grandi.»
«Lo so, per questo voglio che lo veda.»
«Va bene, vengo, ma solo per dieci minuti», dice il direttore non potendo resistere a una curiosità più forte di lui.
Quando entrano nel bagno a casa del pescatore, Nemo riconosce suo padre e comincia ad agitare tutte le pinne. Vorrebbe tanto che lo riportasse a casa. La strettezza della vasca e il movimento provocano molti schizzi d’acqua.
«Che strano», dice il pescatore, «è stato sempre tranquillo, neanche quando l’abbiamo tirato su dall’acqua ha fatto tutti questi movimenti.»
«È incredibile», dice il direttore, «presenta tutti i caratteri del Carassius auratus, solo che le dimensioni sono enormi. È sicuramente una grande scoperta.»
«L’ho pensato subito.»
«Io devo andare assolutamente. Facciamo così, se lei mi fa il favore di tenerlo per questa notte, io domani mattina mando una squadra a prelevarlo per portarlo all’acquario.»
«Dottore, io dovrei parlare prima con il mio amico.»
«Ho capito, poi ci mettiamo d’accordo. La direzione dell’acquario provvederà a rimborsare quanto dovuto. L’unico favore che le chiedo è quello di sostituire l’acqua, perché altrimenti muore per asfissia. Ci sentiamo domani.»
L’indomani, come previsto, Nemo viene trasferito nell’acquario.
Viene messo da solo in una vasca, nella quale è stato ricreato l’habitat di uno stagno. La prima cosa che fa, nel suo nuovo ambiente, cerca un rifugio e si nasconde. Nei giorni seguenti non fa altro che restare nascosto, mangia raramente. Esce dal rifugio solo di notte o quando suo padre arriva a controllare. Se controlla dal vetro, dalla parte dei visitatori, Nemo si avvicina a lui dando dei colpi sul vetro con la bocca. Se controlla dall’alto sul bordo della vasca, Nemo sale in superficie tira fuori la bocca facendo molte bolle d’aria. Il direttore, allora, chiama un addetto per far portare del cibo. Alla sua vista Nemo sparisce di colpo. Che strano comportamento, pensa il direttore, solo davanti a me non scappa, questo caso è molto interessante e va studiato sicuramente.
Di giorno Nemo, in presenza di visitatori resta nascosto. In alcune occasioni, quando suo padre decide di passare a controllare la situazione, Nemo esce dal rifugio e comincia a compiere delle sue evoluzioni anche davanti ai bambini presenti che lo applaudono. La presenza di suo padre a osservarlo lo fa sentire tranquillo. Vorrebbe richiamare l’attenzione e dirgli tante cose, ma è imprigionato in quel corpo rosso. Di notte, quando resta solo, spesso si ritrova a piangere. Le lacrime nell’acqua non si vedono. L’acqua dà la sensazione di essere immersi nel pianto. Aveva sempre pensato che vivendo come un pesce si sarebbe sentito meno solo, ma adesso capisce quanto gli mancano quei genitori distratti che aveva sempre odiato.
Ironia della sorte proprio adesso che è sparito dalla sua famiglia, è diventato il centro di tutte le attenzione di suo padre.
Una di quelle notti solitarie nella vasca, preso dall’esasperazione, fa un balzo. Saltando, finisce fuori dall’acquario. Una volta sul bordo emette una specie di starnuto. Il pesciolino rosso che tempo addietro gli era saltato in bocca, viene fuori e finisce in acqua. Lui sentendosi mancare l’aria, compie dei balzi per raggiungere di nuovo l’acqua, ma non ci riesce. Dopo diversi tentativi rimane fermo sul pavimento. È rassegnato. Pensa che stavolta non c’è più niente da fare. Sviene.
Da quel momento succede qualcosa di strano. Inizia a perdere le squame. Le branchie cominciano a chiudersi, non respira. Si risveglia, Fa un ultimo balzo, alcune pinne cadono.

La mattina seguente, l’addetto alla nutrizione, trova il corpo di un ragazzino svenuto sul bordo della vasca. Chiama il direttore che accorre subito. Lo vede di spalle. Giace su un fianco, in mezzo al materiale organico, perso dal suo corpo, in avanzata decomposizione. C’è un forte odore di pesce marcio. Il direttore guarda nella vasca. Un piccolo pesce rosso nuota spaesato nell’enormità dell’acqua. Pensa frastornato, cosa sta succedendo? Prende il ragazzo per una spalla e lo gira in posizione supina. Nemo apre gli occhi. Il direttore con gli occhi sgranati per la sorpresa grida: «Nemo, sei tu?»
Lo abbraccia forte, nel mentre la sua mente ricostruisce l’accaduto, «eri tu il pesce dell’acquario. Per questo in mia presenza ti agitavi in quel modo, come ho fatto a non accorgermi di niente?»
Nemo si stringe forte a suo padre, con una faccia serena come non l’ha mai avuta e dice: «Papà torniamo a casa da mamma, ho fame.»

nKantu d’Aziz

L’uomo pesce

Pubblicato da

delegointe

Architetto in modo non continuativo, ultimamente docente.

10 pensieri su “Nemo d’acqua dolce”

      1. Per questo ti ho chiesto. A me è venuto in mente per la metamorfosi finale: Nemo che ridiventa un bambino, per la gioia del suo papà, accanto alle spoglie senza vita del burattino che fu. Non sempre chi scrive ha piena coscienza della complessità delle suggestioni letterarie che lo hanno ispirato! Complimenti.

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        1. Veramente ridiventa bambino per la sua gioia, in questo potrebbe esserci una parte di me.
          Grazie per i complimenti. Fatti da una che se ne intende di letteratura, mi fanno ancora più piacere. A volte mi stupisco di me stesso, non tanto per la bravura, perché non credo di essere bravo, ma per il fatto che la voglia di scrivere esce solo adesso che ho una certa età. Certe cose mi vengono più facili di quello che credevo.
          Le mie sugggestioni letterarie non sono tantissime. Da un po’ di anni non riesco più a leggere romanzi. Non so perchè. Devo ammettere che Kafka per diversi anni è stato il mio preferito. Come ho scritto in un altro commento di questo post, i quattro racconti che ho scritto (sono anche gli unici), partono da uno spunto apparentente senza senso, ma poi mi ci metto a pensare con un foglio daventi e le cose vengono da sole e neanche in molto tempo. Il più della storia viene fuori in mezz’ora, poi si tratta solo di sistemarla un po’ e di correggere gli errori che è la parte più scocciante. Però mi sta piacendo.
          Io, ad esempio sarei incapace di scrivere una recensione di un film avendolo visto una sola volta, anche se non ci ho mai provato. Non so se lo guardi più di una volta.
          I tuoi complimenti mi fanno sentire felice, grazie. 🙂

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        2. Grazie a te! Scrivere è bellissimo: sistemare uno scritto è la cosa più importante, a mio avviso, perché è l’operazione che, evitando sciatterie e anche eccessi, rende davvero unico e apprezzabile il prodotto della nostra creatività. Sono molto abituata all’analisi dei testi, ciò che mi facilita anche le recensioni; può capitare che veda due volte un film, ma non è la norma: in genere succede se sono interessata alla versione originale. Buona notte!

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  1. Ispirare un racconto così mi fa brillare gli occhi e rallegrare il cuore. Un pesce rosso è un universo semplice e complicato. Voglia di cambiare un contesto in cui ci si sente a disagio. Voglia di avventura che si realizza più per caso che per scelta… L’adattamento e la nostalgia di quel che un tempo si era .. Si aveva… Mancano le cose semplici che non si capivano una volta perché si cresce e ci di allontana. Ritorno alle origini … Desiderio di tutti alla fine. Siamo un po tutti piccoli pesci rossi. .. È un bel racconto alla Salgari ma ha il realistico delle tue lamine sovrapposte 🐋 🌷

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    1. Grazie per la critica. 🙂
      In effetti quando l’ho scritto non pensavo a queste cose. Pensavo al pesce che saltava dalla vaschetta e mi sono detto, visto che adesso ci provo gusto: «come potrei scrivere una storia sul pesce rosso?»
      All’inizio ho pensato a un bambino che si trasformava e poi è venuto tutto il resto. Tutto in mezz’ora. Mi chiedo perché questo non l’ho mai fatto in passato? Eppure di cose stane per la testa me ne venivano, solo che ero pigro e non le appuntavo, adesso non le ricordo più. In quel bambino potrebbe esserci anche una parte di me. 🙂

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      1. Nessuna critica… Ma apprezzamento è un po di libera interpretazione… Felice di aver dato un guizzo! È sicuramente quello strano torpore dove hai un po’ sconfinato il Peter che c’è in te … si sta risvegliando …🌷🌷🌷🌷🌷

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